SEMPLICEMENTE IL MIGLIORE

Mi univa a Guido Martinelli una grande amicizia. Durava da più di 40 anni. Nata fuori dal comune interesse per lo sport, anche se lo incontrai – eravamo a metà degli anni ’80 – per chiedergli un parere esterno all’eventuale organizzazione del Superbowl italiano di football americano a Rimini. Era già la persona gentile, chiara, esplicita, altruista, preparata che col passare degli anni si è fatto apprezzare da tutti. L’amicizia che mi ha concesso è stata per me un grande privilegio. Era un’amicizia fondata sui valori che incarnava.

Un’onesta intellettuale cristallina, il rispetto religioso dei ruoli, del diritto, della correttezza procedurale. Tutto forte, più forte, di quell’inciucio tutto italiano da cui – persone come noi – hanno sempre preso le distanze.

In un momento mio di difficoltà lavorativa, momenti che capitano quando al contrario ti senti professionalmente forte come mai, mi chiamò al suo studio, mi presentò una persona in grado di darmi una sede di lavoro, ciò che cercavo.

Volevo fare un giornale web.

Lui, pensate un po’ (!), mi disse con grande umiltà che avrebbe avuto piacere di collaborare per un giornale diretto da me!

Come se un gigante si fosse rivolto a un topolino!

Ho avuto a che fare con lui, professionalmente parlando, quando si occupò della commissione d’inchiesta del Coni per la morte di un giovane hockeista su ghiaccio, colpito in serie A in modo colposo da un avversario, alla bocca dello stomaco.

Apprezzai molto il fatto che non mi concesse nessun favoritismo. In seguito abbiamo avuto un altro rapporto diretto a proposito di un caso legale riguardante la vela.

Erano conversazioni chiare, e per chiaro intendo dire che sapevo in partenza che lui mi avrebbe detto solo ed esclusivamente ciò che poteva dire. Non una virgola di più. E io, sapendolo, non incalzavo con domande impertinenti.

Perchè le regole del gioco erano chiare, esplicite.

Ho avuto a che fare, nel tempo, con tante figure professionali che lo hanno conosciuto e a cui lui ha fatto da insegnante di diritto sportivo, in diversi ambiti. Non uno che non fosse sinceramente rapito dalla sua profonda conoscenza dei temi, dalla chiarezza nell’esposizione, dalla passione per la materia.

Il rispetto dei ruoli è qualcosa che rinsalda i rapporti di amicizia, rende i sentimenti più lucidi e veri. Qualcosa di cui andare fieri in un Paese fondato sugli inciuci.

Almeno per me.

Ogni tanto in privato gli scrivevo: vorrei che tu fossi ministro dello sport. Oppure vorrei che tu fossi l’assessore allo sport. E lì – con amore e con dolce umorismo (ma anche senso della realtà) – intenveniva Marilisa, compagna nella vita e nella professione di Guido. “Per favore, Diego, non mettergli queste idee – scriveva – perchè non so proprio come riuscirebbe a trovare il tempo anche per questi compiti”.

Era tuttavia un modo sincero e per nulla clientelare di esprimergli tutta la sincera ammirazione che provavo per la sua sconfinata conoscenza. Inversamente proporzionale alla sua “esposizione pubblica”.

L’ho sentito l’ultima volta in occasione del famoso Consiglio Fidal che ha approvato il bilancio, per chiedergli delucidazioni.

Ha come sempre premesso che lui era un legale della Fidal, prendendo tuttavia le distanze da altri legali, consultati privatamente.

Ciao Guido, sono affranto.

Chiunque voglia ricordarlo, è bene accetto. Il mio ricordo è del tutto personale. Si poteva fare l’elenco dei suoi meriti, delle sue pubblicazioni, dei millanta corsi che ha tenuto in ogni dove, dal Coni alle Federazioni. Ho preferito scrivere di un uomo gigantesco, che anteponeva la sua umanità, agli enormi meriti professionali di uno studioso del diritto sportivo e dei suoi cambiamenti.

Diego Costa

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