LA GATTINA FRETTOLOSA FA I GATTINI CIECHI

Un vecchio adagio che invita a non aver fretta ma a cercare di fare le cose con calma per non incorrere in errori irreparabili.

Tra il pomeriggio di venerdì e la mattina di sabato con l’uscita dell’articolo di Massimo Magnani, a qualcuno gli deve essere partita la giugulare e presi da troppo orgoglio e voglia di riscatto, è arrivata la difesa a spada tratta del Challenge da parte del gruppo che ha sostenuto il presidente Mei.

Nella foga e nella fretta della risposta l’ estensore del post è incorso in un paio di strafalcioni niente male. Ma pazienza, chi fa sbaglia, sbagliamo tutti per carità.

Per prima cosa, vogliamo sottolineare che abbiamo argomentato con una certa precisione il perché i CDS sono un bene per il movimento, a prescindere dal Challenge, innanzitutto per cultura del movimento atletico italiano, che da sempre si basa sulle società sportive. Ed abbiamo risposto a chi in sostanza ha scritto “meglio spendere i soldi per il Challenge piuttosto che per i CDS”. Ogni opinione è legittima, ma bastava parlare con qualche presidente di società presente a Modena per rendersi conto che la stragrande maggioranza la pensa in maniera diversa. Quindi non abbiamo noi inventato il “nemico”, piuttosto abbiamo difeso i CDS da un attacco improvvido.

In secondo luogo, e questo è un errore più grave, si è voluto argomentare la validità del Challenge con l’esempio di Samuele Ceccarelli. Il velocista campione europeo indoor, nel 2022 non aveva ottenuto un risultato migliore di 10”48 nei 100 e figura al 27° posto delle liste stagionali. La fretta è cattiva consigliera e così senza una verifica puntuale, si è incorsi nel macroscopico errore di dire, se decidessimo di mettere i minimi al 24° posto, Ceccarelli nel 2022 non avrebbe potuto prendere parte a nessuna attività di livello nazionale.

Peccato che i Campionati Italiani di Rieti si siano disputati il 24/26 giugno e che alla data di scadenza delle iscrizioni Ceccarelli, con quel risultato ottenuto il 21/5 fosse 21° in graduatoria.

Invece ha preso parte al Challenge di Firenze il 4/6 beccandosi un -1,2 di vento e chiudendo in 10.70 al terzo posto della sua batteria che lo ha escluso dalla finale del Challenge.

Un esempio che dimostra esattamente il contrario, con la strategia dei minimi Ceccarelli avrebbe preso parte ai Campionati Italiani, con il Challenge è rimasto a vederli da casa.

Ma non finisce qui, perché l’intento di motivare il Challenge come l’allargamento del coinvolgimento della base in manifestazioni di livello nazionale, e non come in realtà è: la trasformazione dei Campionati Italiani in un meeting, si scontra con i numeri impietosi.

Tutto dipende poi dai minimi di acceso al Challenge. Basta non metterli, iscrizione libera ed allarghiamo sicuramente la base. Sarebbe utile? Pensiamo di no.

Al contrario, se non calibriamo bene i minimi, rischiamo di avere delle contraddizioni che non aiutano nessuno.

Se prendiamo il campionato pre-pandemia del 2019 vediamo che hanno partecipato 926 atleti. Le gare più partecipate gli 800 uomini con 39 e i 100hs donne con 37.

Se sommiamo i partecipanti al Challenge 2023 con quelli già qualificati arriviamo a 1088 a cui dovremmo togliere quei pochi che pur avendo il minimo hanno preso parte alle gare di Modena.

Quindi abbiamo messo in piedi una manifestazione nazionale per 162 persone in più. Una qualsiasi riunione regionale media ne coinvolge il doppio.

Basta non prendersi in giro: la motivazione è fare una selezione (che si può fare anche con altri metodi) per un Campionato Italiano di eccellenza. Solo che il top lo avrai sempre mentre le seconde schiere con questo metodo rischiano di essere le terze.

Delle 38 gare comparabili in ben 12 abbiamo coinvolto meno atleti che nei Campionati Italiani del 2019, in una siamo rimasti invariati. In sole 9 gare siamo andati in doppia cifra ossia abbiamo coinvolto più di 10 atleti in più rispetto al 2019 di cui il caso più clamoroso è quello dei 400hs donne con ben 28 atlete in più.

Ora, se volevamo fare in modo di aumentare la qualità, con l’eliminazione delle batterie e finali per soli 16 atleti convocati agli europei under 23, abbiamo dato un ulteriore spinta ai criticoni come noi. Tra l’altro alcuni Under 23 ne hanno approfittato correndo in due gare (quindi l’effetto di preservarli da troppe fatiche è svanito sotto il sole cocente di Modena).

A chi dice che le gare erano di qualità, rispondiamo che ci mancava che non lo fossero (ed in qualche caso non lo sono state), visti i minimi “monstre” messi in campo per gli Assoluti…

In tutto questo, non si è stati in grado di modificare un minimo il programma orario in modo da evitare che qualcuno si cuocesse al sole o a modificare le serie viste le defezioni dell’ultimo momento.

Detto questo, l’impianto rimane critico soprattutto per un motivo. Fondamentalmente sapremo chi parteciperà veramente il 18/19 luglio, una decina di giorni prima del campionato con atleti/e in bilico dalla 17ª/19ª posizione che potrebbero essere ripescati attraverso le rinunce di atleti già qualificati magari per due o più gare.

Quindi il meccanismo è esageratamente farraginoso ed anche se si vuole “innovare” bisogna farlo rendendosi conto delle difficoltà del periodo, tra aerei costosi, vacanze imminenti, e rimborsi che languono.

Per inciso, la trasferta di Modena alla mia società è costata € 1040,00 di albergo, € 654,00 di pasti, € 196,00 di gasolio, € 88,00 di autostrada, € 200,00 forfettario di rimborso atleta e tecnico fuori sede per un totale di € 2178,00 a fronte di un rimborso per l’indennità chilometrica di € 216,00 (€ 0,18 x 300 x 4). Penso che gli altri presidenti di società mi capiranno.

Viva il Challenge, ma soprattutto viva la franchigia!

FOTO FIDAL/FIDAL

Roberto De Benedittis

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