TRA IL DIRE E IL FARE

Tempo di ritiri prestagione. I nostri vip del mezzofondo, ma non solo, dall’altra parte del mondo con gli allenatori ma senza nessuna supervisione della Struttura Tecnica Federale. L’ex ct Magnani spiega le criticità del sistema

A 140 chilometri dalla capitale Johannesburg, sorge Potchefstroom, capitale del vecchio Transvaal, che molti chiamano Potch, per comodità. La città, storico capoluogo della provincia del Nordovest diventa d’inverno la sede più frequentata dagli atleti di tutto il mondo, che svernano così al caldo, in ritiro, per preparare la lunga  stagione agonistica che verrà. Impianti funzionali, ben tenuti, piste in erba, clima ideale, sistemazioni logistiche ottimali anche per i prezzi ragionevoli. Il posto ideale dove allenarsi.

Quest’anno ci sono anche molti atleti italiani, più di sempre, in particolare mezzofondisti veloci. Molti sono a spese proprie. Ci sono anche atleti considerati “di vertice” nel panorama del mezzofondo nazionale italiano. Una decina.   Sono qui con gli occhi che luccicano, la stagione entrante è cruciale. Ci sono i mondiali indoor, poi gli Europei di Roma ma soprattutto Parigi 2024, le Olimpiadi. Dove l’Italia – secondo il presidente federale Mei – aspira a centrare dalle sei alle otto medaglie olimpiche. 

Insomma, il ritiro invernale è di quelli che contano. Tanto che a seguire gli atleti… ci sono solo gli allenatori personali. Toc toc, c’è nessuno? era lo slogan famoso di una nota marca di acqua minerale. Una particella di sodio cercava compagnia. Della Struttura Federale a Potch non c’è nessuno. Anzi, quella particella potrebbe essere individuata in Andrea Ceccarelli.

Anzi, quella particella potrebbe essere individuata in Andrea Ceccarelli. Lui, sì, ha un incarico Fidal, però è in Sud Africa solo come coach personale di una sua atleta, senza aver ricevuto alcun input/mandato da parte della Federazione. 

A Potch c’è anche Massimo Magnani, ex ct della Nazionale azzurra, che a fine anno ha lasciato la sua Ferrara al seguito di Federica Del Buono.

“Viene da chiedersi come mai la Fidal non abbia pensato di mandare qualcuno – dice Magnani – visto che la struttura Tecnica Nazionale del Mezzofondo è formata da diversi tecnici. Anche per un breve periodo, dico, per monitorare e verificare gli atleti più attesi in vista della stagione”. 

Può entrare nel dettaglio delle sue perplessità ?

“Questa poteva essere un’opportunità per un confronto tecnico con gli allenatori personali degli atleti – insiste Magnani, entrando nello specifico del lavoro  –  per scambiare qualche idea tecnico e muscolare, ancora più importante per i mezzofondisti veloci che non per gli specialisti delle lunghe distanze, cui Chicco Leporati si riferiva nelle dichiarazioni rilasciate sulla rivista Atletica”.

Il ritiro prestagionale di Potch di solito si fonda su metodi di allenamento ben precisi…

“Leporati mette a fuoco un problema importante ma ancora una volta  ci si chiede come mai sul tema della forza, della potenza muscolare, della tecnica e della velocità, in questi ultimi 3 anni non si sia intervenuti direttamente per mettere a fuoco il tema insieme agli allenatori degli atleti nè si sia colmata la lacuna nel programma di formazione dei tecnici italiani – dice Magnani – perchè noto che il format e i contenuti sono rimasti gli stessi di quando, questi corsi, li ho fatti io. Se non c’è aggiornamento, a cosa serve una Struttura Federale? Forse serve solo a denunciare un problema senza fare nulla per superarlo o per porre rimedio? O serve, in caso di insuccesso, per scaricare le responsabilità su altri?”

Così Magnani spiega come mai il numero di giorni di raduno federale voluti dal settore del mezzofondo sono i più bassi di sempre, e vedono una partecipazione minimale di atleti anche perchè gli atleti personali non sono contemplati.

“Il punto – dice Magnani – è che, dati alla mano, i raduni indetti dalla Struttura Tecnica Federale sono molto molto limitati per numero, stiamo parlando del minor numero di giornate di sempre, quindi – alla luce di questo – mi chiedo quando, come e dove gli allenatori italiani dovrebbero colmare le lacune cui si riferiva Leporati. Non credo si possa pensare che interventi sporadici e magari decontestualizzati, convocando gli atleti ma non i loro allenatori, possano incidere su l miglioramento delle competenze e sui risultati degli atleti stessi. Facciamoci un’altra domanda. Si lavora per perseguire l’interesse degli atleti o per fare le trasferte con le Squadre Nazionali, per poi prendersi meriti di ciò che di buono avviene?”

Magnani conclude il suo ragionamento.

“Qui a Potchefstroom vi sono anche atleti AEC, presenti grazie ai supporti economici della Federazione. Come mai nessuno si sente in dovere di verificare come viene condotto il loro lavoro? Se l’investimento è giustificato o se emergono problematiche da affrontare tempestivamente? Basta pagare l’indennità di preparazione riconosciuta agli atleti per mettersi la coscienza a posto?  Forse che la Fidal pensi che ad atleti e allenatori interessino soltanto i soldi? Francamente mi sembra pochino, Basta rifarsi  ai più elementari principi del management, sul tema della gestione: là dove la delega è ampia, il controllo è maggiore”.

Per l’ex dt è un’altra delle criticità di cui chiedere conto ai vertici federali.

“E’ credibile che sia il lavoro di questo sistema federale a produrre i (bei) risultati che vengono conseguiti? A parer mio, qui a Potch abbiamo la dimostrazione di come tutto avvenga per caso, lasciando le responsabilità nelle mani dei tecnici personali, magari pronti a criticare le scelte metodologiche di tizio o di caio. E poi è un controsenso.  La struttura tecnica federale non è mai stata così numerosa come in questi anni. Eppure sembra assai poco operativa. Essere qui fa venire la curiosità di chiedere come e quando si sono mossi i tecnici del settore mezzofondo per verificare il lavoro degli atleti dell’elenco AEC nelle loro sedi; quante telefonate hanno fatto, quanti incontri sono stati fatti con i tecnici delle strutture regionali per trasmettere quei concetti tecnico-metodologici – cui si riferiva sempre lo stesso Leporati – eccetera eccetera”

Magnani torna sul flop dei campionati di cross, usati come prova dei suoi dubbi.

“Se viviamo giornate come quelle di Bruxelles, ci poniamo delle domande. Ecco, forse adesso è più facile capire perchè accadono. Penso che il metodo andrebbe rivisto, specie se per metodo s’intendono pochi e occasionali controlli, nessun confronto con i gli allenatori personali, scelte degli atleti, senza che si conoscano i requisiti del percorso di un Campionato e/o che si sia definito un percorso chiaro per scegliere i soggetti con le caratteristiche più idonee”.

Fatalità? Una giornata storta?

“Ma no, non si venga a dire che a Bruxelles  – continua Magnani – non si poteva sapere che tipo di percorso si sarebbe trovato, perché, in Belgio, oltre a piovere quotidianamente, il percorso era già stato utilizzato per altre edizioni di Campionati Europei e Mondiali di Cross.

Da cui Magnani trae conclusioni..

“Relativamente alla Struttura Tecnica, quello che sta avvenendo è totalmente a dispetto di quello che era stato detto, preventivato e inserito nel programma elettorale, che prevedeva una Struttura Tecnica Federale centrale, che controllasse direttamente gli atleti, i quali dovevano frequentare i raduni federali senza gli allenatori personali. Ciò che succede smentisce  il programma di questa federazione: nei fatti. Il metodo e il modello strategico-operativo adottato funziona in ben tutt’altro modo. E non solo per il mezzofondo, ma per tutte le specialità” insiste Magnani, che chiosa indicando la presenza a Potchefstroom anche di capitan Gimbo Tamberi col suo team, per il quale non è previsto l’arrivo di alcun tecnico “di struttura” per vedere come procedono le cose per il n. 1 della nostra atletica. E questo vale anche per i pesisti Fabbri e Weir anche loro in Sud Africa, a Stellenbosch,  con coach Dal Soglio…

“Queste non sono opinioni. Sono fatti – chiosa Magnani – e i fatti testimoniano una delle tante, e forse più importanti, contraddizioni di questa Federazione.

Tra il dire e il fare, tra quello che la Fidal definisce il suo lavoro e il conseguimento dei buoni risultati degli atleti azzurri, ci sarebbe “un abisso – dice Magnani – altro che mare!”   

Diego Costa 

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