I SOGNI SON DESIDERI

Non so se ML King praticasse l’atletica. So bene il gesto simbolico degli americani sul podio olimpico dei 200 piani a Città del Messico.
Unendo i concetti… “Ho fatto un sogno“.
Ho gli occhi chiusi e penso alla fortuna di far parte di questa era sportiva dell’atletica italiana. Rivedo Marcell dominare i cento e Gimbo che si abbarbica a quel “fiammifero” che ha appena detto si a un curioso “matrimonio civile” squisitamente sportivo, perché un oro olimpico è pur sempre la gioia più grande. Controcorrente, visti i tempi, si condivide.

Penso alla staffetta veloce ma anche agli eroi della fatica, Palmisano e Stano segno che il successo non ha un tempo definito, può essere l’attimo fuggente ma lo si raggiunge anche attraversando il tragitto più lungo e faticoso. Basta volerlo. Ecco la sublimazione collettiva, il messaggio da cogliere: l’atletica italiana ha bisogno di tutti. Un effetto dirompente che unisce e si compatta nella gioia, una “staffetta” più lunga di quattro moschettieri, va oltre la pista: ognuno porta il suo mattoncino per la causa, ognuno è gioiosamente invitato a farlo. Tutti lo sanno, tutti contribuiscono. Parola d’ordine: l’atletica italiana siamo noi.
Scorgo cosi, nitidamente, un consiglio federale compatto, pieno di spunti, che monetizza lo slancio strepitoso, che gode della comunione di idee, che sfrutta le risorse e le mette via e le spende, in piena trasparenza. Per il bene del movimento. Vedo un’atletica dove le politiche di crescita sono effetto di un confronto costruttivo, le risorse si spendono con oculatezza, si tracciano le nuove vie, con l’intento di consolidare, si usano le critiche per crescere, si delegano gli sforzi perché non è mai facile e c’è sempre bisogno di tutti.

La fortuna aiuta gli audaci, ecco la prima Coppa Europa della storia, poco importa se gli altri hanno schierato le riserve, gli assenti hanno sempre torto. Si esulta, gli atleti ringraziano i vertici e i vertici ricambiano.

Vedo un’atletica italiana dove l’appetito vien mangiando, dove si riconoscono i meriti degli allenatori di periferia, quelli che ci hanno sempre creduto, anche quando le vacche erano magre. E il loro merito è riconosciuto, perché la strada per arrivare in alto parte sempre da pianure che, in cima, sono puntini lontanissimi. Ma il trionfo è grande se anche la memoria lo è.

Insomma, un mondo cristallino, dove tutto è fatto alla luce del sole, non c’è un solo contratto fuori posto e se c’è viene rettificato, il consigliere che lo fa presente viene ringraziato, perché un conto è la politica e un altro la politica sportiva. Un esempio? Una vecchia Quercia, dirigente-giornalista che ha speso la sua vita intera, integerrima, buona, appassionata, viene indicato a tutti come un esempio da imitare, è lui il maestro zen che conduce alla piena consapevolezza. E questa armonia fa bene a tutti, si va col vento che gonfia le vele, avanti, baciati dal sole, verso nuove sfide con lo spirito migliore per vincerle, sfruttando la memoria di grandi uomini più forti delle scarse risorse e di tempi meno illuminati dal sole.

Uomini che il sole lo sono ostinatamente andati a cercarlo in direzione opposta. Con un forte senso di giustizia quando i mezzi erano quelli che erano, in virtù di una cultura antica, di tradizioni di cui andate orgogliosi, perché è cosi che si scrive la storia, quella bella.

Vedo insomma un’atletica italiana che dal primo cittadino all’ultimo fa squadra, ha la pancia piena ma non è sazia. Tanto è vero che da mesi e mesi, doviziosamente, prepara la vetrina dei campionati Europei a Roma.

Manca solo un anno…
Bello è? Come un film da Oscar
Poi, però , mi sono svegliato…

Diego Costa

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